Snobbando i Sette doni dello Spirito Santo e i Sette sacramenti (ma anche ahimè, i Sette vizi capitali) alla Istituzione universitaria dei concerti, Piergiorgio Odifreddi e Nicola Piovani compiono un volo radente sui segreti e le seduzioni del 7: numero che, come il dio Loge nel Walhalla wagneriano, se ne sta tra i suoi simili col ruolo intrigante del diverso. Chiedetelo a Eschilo e al Papiro di Rhind, all’Apocalisse e a Shakespeare, a Salome e a Carducci, tirati in ballo in “Epta”, sorta di celebrazione in sette scansioni di letture e di musica dei profani misteri (niente di esoterico, ci rassicura Piovani, e gliene rendiamo grazie) del numero eccentrico che a cominciare dal mancato ettagono dei Greci, darà del filo da torcere a tutta la cultura mediterranea. Si trattava di rispondere a tali provocazioni con altrettanti pannelli di una suite musicale. Forte di un formidabile drappello di solisti (i quali, comprendono come pianista lo stesso compositore, costituivano un settimino) Piovani ha evitato facili soluzioni pittoresche ed evocative, mantenendosi sulle sue. Che sono quelle di chi lavora essenzialmente sulla vivida plasticità del motivo variamente armonizzato e distribuito entro una gamma timbrica secondo studiate simmetrie che richiamano al mondo dei numeri. La temperie qualitativa è sembrata toccare il culmine nel quinto e sesto episodio, dove il pessimismo scespiriano e la sensualità di Salome trovavano vivido riscontro nella melanconia e nella frenesia sonora delle rispettive espressioni strumentali.