Conosco molto bene Corchiano da anni, per ragioni personali, e siccome in questi tempi si parla molto di questo minuscolo paese del viterbese come modello del vivere civile, anche sul vostro (questo) giornale, vorrei aggiungere qualche considerazione. Quello che si scrive sulla virtuosità di questo comune e di questa comunità – l’acqua del sindaco, i vigili in bicicletta, il recupero ambientale – a leggerlo può suonare retorico, consolatorio, disneyano. O “buonista”, brutto termine caro agli acidi per natura.
E invece, per chi campa quotidianamente in questo paesino, risulta essere tutto non solo vero, ma anche vissuto con civile normalità e senza eroismi da parte dei cittadini e degli amministratori. Io penso che la bellezza di quello che lì accade stia proprio in questa orgogliosa normalità, e nel monito che tale normalità contiene: è possibile vivere secondo un modello comunitario non rassegnato, amministrare in modo trasparente e creativo, tentare di costruire una civiltà solidale. Con difficoltà, limiti, errori, ma è possibile. Per i cinici di mestiere non so pensare nessuna risposta più concreta e migliore di questa quotidianità corchianese. Me li immagino i sorrisetti dei qualunquisti scettici, quelli che amano espressioni come “non cambia mai niente”, e “da che mondo è mondo”, e “so’ tutti uguali”, e “le anime belle”, e “la melassa buonista” e via così con le banalità sprezzanti.
Qualcuno obietta: “Facile, in una piccola comunità, ma ben altro è gestire la complessità di uno stato”. Vero. Eppure, nonostante sembri facile, quante piccole amministrazioni italiane sono palestre di disfunzioni, clientele, degrado e furti?
Forse il sindaco Battisti, l’assessore Martini e tutta l’amministrazione corchianese ci ricordano, quando ce lo dimentichiamo, che l’onestà in politica è una risorsa per i cittadini, cioè per tutti noi: è una ricchezza collettiva, non una fesseria per “buonisti”.
Nicola Piovani