Leiweb – 1 giugno 2011
di S. Coccoluto
In occasione dell’uscita dell’antologia “In Quintetto” il musicista premio Oscar racconta il suo rapporto con i grandi registi con cui ha collaborato.Ha vinto l’Oscar per le musiche del film La vita è bella. Ha collaborato con maestri del cinema come Fellini, Moretti e Tornatore. Come se non bastasse, in gioventù ha composto le musiche dei migliori lavori discografici di Fabrizio De Andrè. In questi giorni, il maestro Nicola Piovani ritorna con In Quintetto, un disco registrato dal vivo che ripercorre in breve la sua storia musicale, risvegliando emozioni forti con le melodie delle sue indimenticabili colonne sonore. Con lui abbiamo parlato del suo rapporto con i grandi artisti con cui ha collaborato e ci ha svelato i segreti per scrivere una colonna sonora seducente. E una prima assoluta: abbiamo scoperto cosa fa nel tempo libero, quando abbandona per qualche ora i tasti bianchi e neri del pianoforte.
Piovani, è d’accordo se definisco In Quintetto un’antologia emozionale?
Sì, mi piace la definizione “antologia emozionale”. Magari aggiungerei l’aggettivo “teatrale”. È una costruzione musicale nata per essere eseguita e fruita in teatro, dal vivo, col pubblico e i musicisti in carne e ossa. Il disco è la fotografia fedele di quel concerto in quintetto.
Nel disco sono state inserite La Stanza del Figlio e Caro diario, colonne sonore che ha realizzato per i film di Nanni Moretti. Come e quando è nata la vostra collaborazione?
Ci conoscevamo da tempo, lui lavorava con un eccellente musicista, Franco Piersanti, col quale poi negli anni ci siamo in qualche modo alternati nella collaborazione con Moretti. Nanni, per La messa è finita, mi propose di lavorare insieme e, dopo una titubanza iniziale, accettai e ne sono ora molto contento. Anche se forse è più comodo andare a vedere i film di Moretti già finiti, come spettatore, senza passare per le fatiche della moviola. Habemus papam, per esempio, al cinema me lo sono goduto molto.
Quali sono gli aspetti dei film di Moretti che stimolano di più la sua vena creativa al momento della composizione di una colonna sonora?
Dipende. L’ultima volta che ho scritto per lui è stato per La stanza del figlio. Lì la storia era un elemento fortissimo, molto commovente per me che ho due figli che allora avevano l’età del protagonista.
Quali sono per lei le condizioni ideali per scrivere una buona colonna sonora di un film?
Una buona intesa col regista. Se il regista è un artista ti stimola a trovare una strada musicale, trasmette la seduzione necessaria perché un film venga bene. L’esempio massimo in questo senso era Federico Fellini. Se il regista, invece, è un velleitario trasmette solo irritazione e frustrazione, e allora meglio lasciar perdere. Ma, del resto, il talento è come il coraggio per don Abbondio, se uno non ce l’ha non se lo può dare.
Nell’album troviamo anche le musiche de La vita è bella di Benigni e un omaggio a Fellini con La voce della luna. Come si è trovato a lavorare con due registi così diversi?
Apparentemente si trovano agli antipodi. E invece scavando le affinità sono più d’una. Fellini ti guidava nelle scelte con la parola, con la voce, con l’aggettivo suggestivo, l’immagina illuminante. Benigni è straordinario nella comunicazione verbale e corporale nello stesso tempo. La parola, lo sguardo e l’entusiasmo insieme mi aiutano molto nello scrivere per lui.
Ha mai rifiutato di realizzare la musica per un film di qualche grande regista perché non convinto pienamente della pellicola?
È successo, ma naturalmente non è garbato fare nomi. Mi è anche accaduto di prendermi il lusso di rifiutare qualche grande progetto cinematografico molto gratificante perché volevo dedicarmi a un mio piccolo progetto di teatro musicale.
Cosa fa nel tempo libero quando non suona il pianoforte?
Al netto dell’ascolto di musica? Beh, vado a teatro, leggo libri, vado allo stadio a vedere la Roma, gioco a carte con gli amici. E poi cucino, con passione dilettantesca, ma con ambizioni presuntuosamente professionali.