Intervista a Repubblica.it

Repubblica.it21 gennaio 2011 

di G. Castaldo

La scommessa di Nicola Piovani: raccontare Sarkozy in musica

Dagli altoparlanti dello studio, la storica sala Forum di piazza Euclide, a Roma, dove sono state registrate una marea di colonne sonore («ma anche Non al danaro, non all’amore né al cielo di De André», puntualizza Piovani) risuona una potente marcia burlesca,di sapore vagamente felliniano. Sarà il tema dominante di uno dei più attesi film in lavorazione, La conquête di Xavier Durringer, dedicato all’ascesa politica di Nikolas Sarkozy. «Ogni volta che dico a qualcuno che sto lavorando a questo film mi fanno puntualmente le stesse due domande: è pro o contro Sarkozy? E questo è molto italiano, perché per noi tutto derby, e l’altra domanda è: c’è Carlà?».

Perdoni, Piovani, ma a questo punto non possiamo trattenerci dal fare anche noi le stesse domande…


«In questo caso ho accettato con molto piacere perché ho capito subito che non si trattava di un film satirico e tantomeno di un film ideologico. E’ più che altro un tentativo di rappresentare attraverso l’ascesa al potere di Sarkozy, che oltretutto è un immigrato, uno spaccato della nostra democrazia nell’era della televisione, dove l’immagine conta più del programma, dove il consenso si regola attraverso trabocchetti mediatici. Durringer aveva più in mente Shakespeare o Brecht, e quindi in questo non è né pro e né contro».

Ma non crede che possa essere egualmente dirompente?


«Si, può esserlo, dipende da come verrà accettato, in quanto film non di genere, abbastanza originale, e quando riuscirà a superare le possibili censure».

In che senso?


«Beh, pur essendo una fiction il film parla di fatti veri, con nomi e cognomi esatti. So che hanno lavorato col massimo scrupolo e con uno studio di avvocati al seguito. Ma l’Eliseo potrebbe comunque trovare il modo di boicottarlo».

Con quale criterio ha impostato la scelta musicale?


«E’ di tipo circense, burlesco. Non mi sembrava interessante l’aspetto psicologico e sentimentale dell’attuale presidente dei francesi e della sua ex moglie. Mentre la spettacolarizzazione della politica nell’era della democrazia televisiva mi sembra un tema affascinante e inquietante, e certamente non solo francese. Guardi quello che dobbiamo patire noi in Italia, in questa eterna quotidiana estenuante campagna elettorale, con quelle facce ogni giorno davanti alle telecamere, disinteressate ai problemi del governare, o di fare opposizione, e preoccupate ossessivamente dei sondaggi, degli indici d’ascolto».

Tra lei e la Francia sembra un amore ampiamente corrisposto. È così?


«Ultimamente, per quanto riguarda il cinema, ho lavorato più in Francia. E di sicuro nei prossimi tempi lavorare in Italia sarà sempre più difficile. Non solo per i tagli finanziari, ma per tutta una gestione della nostra politica, fatta da gente che si vanta di non andare a teatro, di non leggere libri».

Voglia di trasferirsi?


«No, questo no. Diciamo che fanno di tutto per liberarsi di noi. Ma io voglio rimanere qui».

Però non ha risposto alla seconda domanda. C’è Carlà?


«No, non c’è, perché il film si ferma nel momento in cui Sarkozy viene eletto».

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